Sexy - Marocco, 3° Capitolo

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ssyn3
view post Posted on 15/10/2006, 22:01 by: ssyn3




SEXY

RATING: NC-17
PERSONAGGI: Colin Farrell, Jared Leto, Jonathan Rhys-Meyers, Francisco Bosch, Gary Stretch, Angelina Jolie, Val Kilmer, Rory McCaan, Rosario Dawson, Oliver Stone
ACCOPPIATE: Colin/Jared, Jonathan/Francisco
CONTENUTI: ruvido sesso m/m, leggero bondage
DESCRIZIONE: durante le riprese di Alexander, Jared porta Colin in una selvaggia cavalcata sessuale da Marrakech al deserto del Sahara e oltre.
DICHIARAZIONE: tutti gli eventi sono interamente finzione e non sono intesi a riflettere la vera natura, personalità o le preferenze sessuali delle persone coinvolte.
TRADUZIONE: ssyn3


“Dio, sei proprio di cattivo umore oggi.”
Si trovavano sul treno di ritorno da Marrakech e anche se era vero che Colin era rimasto tranquillo e taciturno, non si considerava veramente di cattivo umore.
“Sto bene.” Stava guardando fuori dal finestrino osservando il paesaggio che scorreva via – le vallate verdi e la luccicante distesa del fiume, le grandi estensioni di campi erbosi e in lontananza le montagne, che si muovevano più lentamente del resto, un profilo frastagliato contro il cielo senza nuvole. “Sto solo pensando alle prossime settimane.”
Jared, che se ne stava in panciolle di fianco a lui, a gambe incrociate, con il braccio appoggiato con indifferenza sul retro del sedile di Colin, sbuffò. “Ecco a cosa ci serviva questo giretto. A non pensare alle prossime settimane.”
“Tu non hai idea di cosa ci accingiamo ad affrontare,” disse Colin, continuando a fissare fuori dal finestrino. Quando passarono tra le ombre di grossi alberi, il finestrino si scurì ed egli vi vide veloci riflessi del viso di Jared. “Ho passato sei settimane facendo questo tipo di allenamento prima di venire qui. E questo sarà ancora peggio.”
“Allora, stiamo per accingerci a vivere come degli animali nel deserto per un mese circa,” Colin lo sentì fare spallucce. “Sono stato a casa di mio fratello per un paio di settimane tempo fa. È più o meno la stessa cosa. Senza il deserto.”
Colin si girò verso di lui, accigliandosi. Cercò di tenere bassa la voce. “Capisci davvero cosa ci aspetta? Niente più comodi hotels. Niente TV, niente telefoni, niente pasti variegati, niente bagni. Stai per imparare come si usa una latrina. Stiamo per vivere in pieno stile hardcore Macedone.”
“Tecnicamente, Persiano.” Jared intrecciò le mani sul petto, rivolgendo a Colin uno sguardo del tutto calmo. “La Persia si trovava dove si trovava il deserto.”
Colin si accigliò e tornò a guardare fuori dal finestrino. “Stai per imparare il significato testuale della frase ‘soffrire per la tua arte,” disse mettendolo alla prova.
“Colin ho sofferto per la mia arte in maniere a cui probabilmente nemmeno crederesti.”
“Si, vediamo se reggono il confronto quando non avrai altro che razioni militari per pasto da mangiare per un mese.” Jared sospirò. “Colin, a volte quando stavo in tour con la mia band, eravamo così al verde che tutto quello che avevamo per mangiare era cibo per cani.”
Colin si girò a guardarlo, sorpreso. Jared ridacchiò. “Stavo solo scherzando. Volevo vedere l’espressione della tua faccia.”
Colin s’accigliò.
“Ascolta,” Jared appoggiò una mano sulla spalla di Colin. “Oliver ci ha detto di goderci questi ultimi due giorni. Ha detto rilassatevi e divertitevi. Ecco perchè siamo andati a visitare la città oggi. Devi distenderti. I prossimi giorni saranno duri abbastanza. Concediti una pausa.”
Colin sapeva che aveva ragione. Sospirò profondamente e annuì, guardando di nuovo fuori dal finestrino. Stavano attraversando alcune costruzioni dall’aspetto antico che sembravano essere spuntate dalla terra. Torri di pietra frastagliata, che si cuocevano al sole. “Va bene, cercherò di rilassarmi.”
“Bene,” Jared scivolò un po’ più vicino a Colin. “Allora, cos’hai comprato?”
Erano stati per la maggior parte della mattinata a medina in Marrakech, dove tenevano banco i volteggianti e turbinanti suoks, il grande mercato dove uno poteva comprare quasi tutto. Avevano preso una guida, che parlava la lingua fluentemente e che aveva salvato Colin, almeno per due volte dal venire derubato. Jared era stato dappertutto, non curandosi sempre di usare l’interprete eppure riuscendo a mettere in piedi un grande spettacolo nel riuscire a farsi capire con i gesti e tenendo in mano grandi quantità di denaro. Colin ammirava l’ingegnosità di Jared e si chiedeva se fosse qualche risultato della sua educazione. Ad ogni modo, aveva comprato molte più cose di Colin e non era ancora rimasto al verde.
“Ho preso solo della roba per la mia famiglia,” disse Colin. “Souvenirs e altro.”
Jared sbuffò. “Niente per te stesso? Dio, hai bisogno di distenderti.” Si curvò in avanti e cominciò a rovistare in una delle sue borse.
“Non preoccuparti, sono sicuro che avrò qualche livido e taglio da portare con me. Forse anche una bella infezione.”
Ignorandolo, Jared tirò fuori un lungo indumento che sembrava una specie di accappatoio con cappuccio, fatto di qualche sottile e trasparente materiale. Era blu scuro con strisce più chiare sulla sua lunghezza. “Questa è una djellaba,” Jared pronunciò la parola in maniera succinta. “Molto di moda da queste parti,” passò le dita sulla stoffa. “Non è sexy?”
Colin inarcò un sopracciglio. “Sembra una cosa che indosserebbe mia nonna.”
Jared se la appoggiò contro, sorridendo. “Non pensi che sarebbe sexy su di me? E se non indossassi niente, sotto?”
Colin lanciò un’occhiata in giro verso gli altri passeggeri, nessuno dei quali stava prestando loro attenzione. Sperò che non parlassero Inglese.
“Beh, forse quello farebbe la differenza,” mormorò Colin.
“La proverò quando torneremo all’hotel,” disse Jared, piegandola accuratamente sul suo grembo. “Voglio sentire che sensazione mi da sulla pelle nuda. Sembra qualcosa che avrebbe indossato Efestione, no?”
“Allora è per quello che l’hai comprata.”
Jared ridacchiò e si piegò in avanti e la rimise nella borsa. Tirò fuori un paio di ciabatte basse con la punta all’insù, anch’esse blu scuro. “Queste si chiamano babouches.”
“Tu sei una di quelle persone che in qualsiasi posto vada deve comprarsi dei vestiti, non è così?” disse Colin.
Per il resto del viaggio, principalmente Jared continuò a parlare e Colin a tentare di non farsi venire un mal di testa. Dovevano incontrare Francisco e Jonathan per un pranzo ritardato a Melilla e Colin aveva davvero bisogno di un drink. Era accaldato, brontolone e nonostante tutti i suoi sforzi per rilassarsi, rimaneva teso pensando alle settimane a venire.
“Penso che sarà divertente,” disse Jared ad un tratto.
“Cosa?”
“Andare nel deserto per allenarci. Vivere duramente in mezzo al niente. Penso che sarà sexy.”
Colin si stava massaggiando le tempie, con i gomiti appoggiati al davanzale del finestrino. Guardò Jared con incredulità. “Di cosa diavolo stai parlando, sexy? È la nuova parola del tuo vocabolario di oggi?”
“Pensaci!” Jared era scivolato in basso nel sedile, cosicché le sue ginocchia poggiavano su quello di fronte, le mani incrociate sullo stomaco. “Tutti noi caldi, sudati, sporchi. Un sacco di sudore che cola. Tornando alle nostre rudi maniere. Testosterone. Muscoli in bella mostra. Ferormoni che riempiono l’aria...”
Colin grugnì e si massaggiò la fronte. “Stai per ricevere un grande shock.”
“Io ad esempio non vedo l’ora di farmi una bella rotolata nella sabbia.”
“Beh, è sicuro come l’oro che non ti rotolerai con me!” sbottò Colin. “D’altra parte, non si fanno quelle cose durante l’addestramento! È un periodo che serve alla concentrazione e alla preparazione!”
“Oh oh oh,” ridacchiò Jared. “Mi permetto di dissentire. Scommetto che dopo aver speso l’intera giornata in un allenamento duro e deprimente nel caldo soffocante del deserto, non vedrai l’ora di farti fare un pompino alla sera.”
“Spostati!” Colin si alzò in piedi e spinse le gambe di Jared con le ginocchia, molte persone guardarono nella loro direzione. “Vado al bagno!”
Jared ridacchiò e abbassò le gambe, poi si tirò su a sedere così che Colin potesse sorpassarlo. “L’idea ti ha eccitato, non è così?”
Colin lo ignorò e si diresse verso la fine del treno. Nel piccolo bagno, si spruzzò dell’acqua fredda sul viso e sospirò. Decise che non appena fossero arrivati all’hotel, prima di pranzare, doveva trovarsi delle aspirine.
Venti munti dopo, arrivarono a Melilla e presero un taxi per tornare all’hotel. Jared stava imparando un po’ del linguaggio locale e chiacchierò col tassista durante il tragitto, un uomo che parlava un inglese stentato. Dato che Jared parlava stentatamente la sua lingua, imbastirono una qualche sorta di discorso insieme. La testa di Colin stava pulsando a questo punto.
Nella sua stanza, Colin trovò delle aspirine nella sua borsa da viaggio, poi si stese per un po’, chiamando prima Jared e dicendogli che gli avrebbe raggiunti tra breve. Fu stupefacente vedere il beneficio che gli portarono venti minuti di riposo, combinati con la cura di aspirine. Pensò che dipendesse anche dal fatto di essersi allontanato da Jared per un po’. Alla fine si alzò, si mise una T-shirt pulita, scivolò nelle scarpe e si diresse verso il patio.
Gli altri tre stavano già mangiando, seduti ad un tavolo. Jared stava indossando la sua djellaba e le babouches, anche se a guardarlo, indossava altri vestiti al di sotto. Aveva i capelli sciolti sulle spalle, che si agitavano con il vento che veniva dal mare. Colin doveva ammettere che il colore gli stava particolarmente bene e che sembrava davvero qualcosa che Efestione avrebbe indossato.
“Ti piace il mio completo?” Jared ci passò una mano sopra mentre Colin si sedeva. Un cameriere si avvicinò e Colin ordinò un drink e ricevette un menù. “Fa molto te,” disse Colin.
“Penso che su di lui abbia un effetto impressionante,” disse Francisco. “E’ un bel colore.”
Colin annuì e cominciò ad osservare il menù. La testa stava meglio, ma si sentiva ancora giù di giri.
Saltò fuori che non era l’unico, dato che anche Jonny era meditabondo e pure Francisco da un certo punto di vista. Il ruolo di Francisco nelle riprese principale era terminato e di certo lui non sarebbe partito per il deserto con tutti loro.
“Dopo tornerò, però,” Francisco rivolse a Jonathan un sorriso gentile. “Ho delle brevi apparizioni da girare. Nel frattempo, farò un audizione per un balletto a Londra.”
Colin non aveva parole per confortare Jonathan. Quello era uno dei motivi per cui non si era mai impegnato seriamente con le persone che si era ritrovato a scoparsi sul set. Finiva tutto in un batter d’occhi. Tutto quel che poteva fare era commiserare Jonathan e dirgli che la vita sarebbe continuata e che era per quel motivo che Dio aveva creato i telefoni. Non lo disse comunque, non con tutti loro presenti.
“Dicevo a Colin quanto sarà sexy fuori nel deserto,” disse Jared, con la bocca piena. Jonathan gli rivolse lo stesso sguardo che gli aveva rifilato Colin precedentemente. “Sono serio!” cinguettò Jared. “Pensa a tutta quella carne calda. A tutto quel testosterone. Tutti noi uomini, costretti alla reciproca compagnia per settimane interminabili. Lavorando sodo tutto il giorno desiderando solo una pausa di notte gli uni con gli altri – niente docce ne’ cose simili, lavandoci l’un l’altro con una canna dell’acqua, vivendo come animali. Sarà travolgentemente mascolino.”
“Come una Disneyland gay,” disse secco Colin. Poi rivolse uno sguardo di scusa a Francisco. “Senza offesa.”
Francisco sorrise. “Effettivamente, spero di venire con voi adesso che l’hai messa giù in questa prospettiva.”
“Forse Oliver ti lascerebbe,” disse Jonathan speranzoso.
“Potrebbe, ma ho altri impegni.” Francisco gli offrì un altro sorriso. La stava prendendo molto meglio di quanto non stesse facendo Jonathan. Francisco guardò Jared. “Nonostante il modo in cui parli, non devo essere l’unico seduto a questo tavolo che apprezza le forme maschili. Ti stai ‘dichiarando’ come dicevano loro?” Sorrise di nuovo.
“Hey, sono pubblicamente bisessuale,” disse Jared, continuando a masticare. “Se è qualcosa di sessuale, io mi ci butto.”
Colin sospirò e alzò gli occhi al cielo. Prese un lungo sorso.
Dopo pranzo, Jared seguì Colin nella sua stanza. Francisco e Jonathan volevano rimanere da soli.
“Povero bimbo, se ne starà per un po’ col cuore spezzato,” disse Jared. Colin si allontanò e aprì la finestra lasciando circolare l’aria.
“Non è certo un bambino,” lo rimbrottò Colin. “E dovrebbe avere più buonsenso che non rimanere coinvolto emotivamente con le persone con cui gira.”
“Già,” sbuffò Jared. “I sentimenti sono per gli ignoranti.”
Colin gli rivolse un’occhiataccia. Jared sorrise dolcemente. “Uso il tuo bagno, ok?” Si diresse in quella direzione, la djellaba che svolazzava nella brezza che entrava nella stanza.
Colin rimase presso la finestra, seduto in una sedia ad osservare l’acqua e il sole del pomeriggio che si inclinava sulla sabbia. Stava pensando di chiamare sua madre. O forse farsi un pisolino. Non era abituato ad avere così tanto tempo libero dopo che avevano lavorato senza sosta per giorni.
Non si guardò intorno quando la porta del bagno si aprì. Poi Jared si schiarì la voce. Colin si girò sulla sedia e vide Jared in piedi nel vano della porta del bagno, appoggiato alla cornice.
Era molto più che ovvio il fatto che ora era nudo sotto la djellaba. Era aperta, ma drappeggiata in modo da coprire le parti importanti. Eppure, rimaneva uno squarcio di petto nudo, un lampo di liscio stomaco piatto, una visone di coscia. Si era tolto le ciabatte.
“Come la senti?” gli chiese Colin con un sorriso.
“Sensuale,” Jared si avvicinò a lui, i piedi nudi che battevano sul pavimento, i suoi movimenti fecero spostare la veste così da offrire visioni di cose molto più intriganti. “Vuoi sentire?” Si fermò di fianco a Colin e gli tenne sollevato un lembo della veste.
Colin la tastò e poi annuì. “Lino.”
Jared sorrise e la lasciò ricadere. “E io dovrei essere lo stendi biancheria? Puoi riconoscere le stoffe dal tocco!”
“Già, beh, se ti vesti abbastanza elegantemente, impari.” Tornò a guardare fuori dalla finestra.
Jared si piegò su di lui, appoggiando le mani al bracciolo della sedia. Sussurrò vicino all’orecchio di Colin. “Vuoi giocare all’harem?”
Qualsiasi altro giorno, Colin si sarebbe infilato sotto quella djellaba con tale velocità che Jared non avrebbe nemmeno saputo dire cosa l’avesse colpito. Oggi, era meditabondo e nervoso. Sospirò. “La testa mi fa ancora un po’ male.” Non era vero, era una scusa molto veloce.
Jared rimase in silenzio per un momento, poi pizzicò Colin nel fianco. “Dio, vuoi smuoverti!”
Colin lanciò un gridolino. “OW!” Si spostò velocemente da Jared, colpendogli con forza la mano. “Smettila!”
Qualcosa lampeggiò negli occhi di Jared. Un piccolo ghigno gli s’incollò alle labbra. Si sporse in avanti prima che Colin potesse fuggire e lo pizzicò forte di nuovo, vicino al capezzolo destro.
“Maledizione!” Colin si voltò verso di lui, colpendolo sul braccio con il pugno. “Smettila!”
Ma Jared però non si fermò. In effetti, cominciò ad assalirlo con pizzicotti e colpi per tutto il corpo, piccoli attacchi fastidiosi che fecero infuriare. Colin cominciò a colpirlo con degli schiaffi, senza essere troppo gentile, poi le mani gli si strinsero a pugno e cominciò a colpirlo sulla schiena e sulle spalle. Jared lo colpì a sua volta sul braccio, abbastanza forte da farlo gridare.
“Avanti!” Jared si allontanò dalla sedia, la pelle che cominciava ad arrossarsi, un largo sorriso sul viso. Si spinse indietro i capelli e fece un gesto come per dirgli ‘fatti sotto’. La veste ora aperta, non nascondeva nulla e il bastardo si stava eccitando.
“Smettila. Di. Cazzeggiare. Con. ME.” Ringhiò Colin. “Fuori dalla mia fottuta stanza!” Indicò furiosamente la porta.
“Fighetta,” sputò fuori Jared. “Avanti. Avanti!”
Colin si alzò in piedi, non per combattere ma solo per allontanarsi da lui. Comunque, Jared lo attaccò, gettandosi su di lui e afferrandolo, conficcandogli le unghie nei bicipiti. Colin lanciò un gridolino, poi cominciò a spingerlo, cercando di guadagnare posizione.
Fu una lotta gloriosa. Jared sapeva colpire come un diavolo ed era abbastanza forte e Colin presto non ebbe più paura di usare tutta la sua forza contro di lui in risposta. Finirono contro i mobili, si spinsero, si urtarono e si colpirono e alla fine finirono sul pavimento. Jared era nudo e caldo contro di lui, la veste aggrovigliata attorno al suo corpo, i capelli scompigliati. Rideva e gridava per la maggior parte del tempo, mentre Colin ringhiava ed imprecava. Per lo meno, lo aiutò a liberarsi di tutto lo stress accumulato. Era un accidenti di sfogo per lo stress, in effetti.
Jared era indecentemente eccitato e anche Colin stavo diventando duro. Ebbe a malapena il tempo di pensare a che razza di pervertiti fossero, dato che Jared non si placò nemmeno per un secondo e continuò a tentare di strappare anche i vestiti di Colin. La sua T-shirt si lacerò sul collo quando Jared la strattonò con entrambe le mani.
Ad un certo punto Colin prese il sopravvento e Jared fece un’incredibile sorta di giravolta e riuscì a scappargli da sotto. Corse verso il bagno, la sua djellaba sgualcita che gli svolazzava dietro. Colin cercò di afferrare una manciata sia della veste che della caviglia di Jared, ma mancò il bersaglio.
Colin si alzò e arrivò alla porta giusto un secondo prima che si chiudesse. Ci si buttò addosso con forza e spinse. Jared stava spingendo con tutto il suo peso dall’altra parte, ansimando furiosamente.
Colin, dopo un lungo momento di fiero combattimento, riuscì a spingere più forte di Jared, forzando la porta verso l’interno. Jared infine si spostò e Colin irruppe nella stanza, quasi colpendo il pavimento. Rimase in piedi e si fronteggiarono l’un l’altro, entrambi respirando affannosamente.
Colin osservò Jared ardentemente, il corpo che gli cantava per l’adrenalina, l’uccello dolorosamente duro nei jeans.
La djellaba di Jared era aperta e gli cadeva da una spalla. La sua pelle era arrossata, sudata e il suo uccello se ne stava svergognatamente sull’attenti. L’espressione sul viso di Jared era una mezza via tra un ghigno e un sorriso compiaciuto. Gli occhi gli brillavano d’aspettativa. “Avanti,” sussurrò Jared. Colin doveva avere l’aspetto di un animale, ritto in piedi, ansimante ed arrabbiato.
Colin fece un salto verso di lui e Jared cercò di scappare ma non c’era posto in cui infilarsi stavolta. Colin afferrò la sua djellaba in una mano, i suoi capelli nell’altra. Jared si lamentò, anche se sembrò più delizia che dolore. Colin lo portò contro il lavandino mentre si contorceva, con i capelli sudati ancora intrappolati in un pugno, l’altro che tirava così forte la veste che la udì lacerarsi.
“Oh si,” ansimò Jared quando Colin lo forzò sopra il lavandino, cosicché le sue mani lasciarono tracce sudate sul mobiletto mentre cercava di prepararsi. Colin vide nello specchio di fronte a loro che sembrava davvero una bestia, gli occhi spiritati, i capelli incasinati, i vestiti stropicciati e la T-shirt lacerata sul davanti. Colin spinse contro le gambe e il culo di Jared cosicché non potesse scappare e cominciò a slacciarsi la cintura. Jared non sembrava dell’umore per una fuga adesso, comunque. Colin vide i suoi occhi nello specchio e non c’era nulla in lui che gli stesse facendo resistenza.
Quando l’ebbe slacciata, Colin la fece scivolare fuori dai passanti con pochi strattoni. Gli occhi di Jared si spalancarono e cominciò a dimenarsi contro di lui. Colin lo tenne fermo con una pressione decisa della mano sulla parte bassa della schiena. “Fermo,” ringhiò.
“Non mi colpirai con quella!” Jared combatté contro di lui, dimenandosi e spingendolo indietro, cercando di alzarsi.
“No, non lo farò.” Colin lo lasciò andare e allungò le mani ad afferrare le sue, spostandogliele dal mobiletto. Le tirò di fronte a lui e Jared si immobilizzò per un attimo, confuso. Poi ansimò quando Colin cominciò ad assicurargli i polsi al rubinetto con la cintura. Non lottò, o per lo meno non così forte da dare dei problemi a Colin.
“Oh Dio!” Jared tirò contro la cintura, quando Colin gliel’ebbe avvolta attorno, come per testarla. Il rubinetto si mosse pericolosamente, ma Colin non era dell’umore adatto per preoccuparsi di cosa avrebbe fatto il personale dell’hotel se avessero strappato dal muro le installazioni. Le mani di Jared tennero. Il rubinetto era un affare ricurvo e spesso che usciva dal lavandino per un piede o più. Le mani di Jared erano intrappolate ai suoi lati, le dita arricciate, la pelle nera della cintura assicurata ai suoi polsi in spessi giri.
Soddisfatto che non potesse andarsene da nessuna parte, Colin si spostò e cominciò a guardarsi intorno per trovare qualcosa di scivoloso da usare. Il gel doccia al mango era finito. Jared si dimenò e gemette e ansimò, osservandolo nello specchio. Colin cercò nella sua borsa da viaggio appoggiata alla tavoletta chiusa del water e tirò fuori una bottiglia di lozione per le mani.
Jared non poté far altro che rimanere in posizione, cosicché era completamente vulnerabile. Colin suppose che se voleva davvero scappare avrebbe potuto staccare il rubinetto senza pensarci due volte. Sarebbe stato abbastanza facile. Colin poteva vedere l’espressione del suo viso attraverso lo specchio però, l’eccitazione nei suoi occhi, il modo in cui stava ansimando a bocca aperta. Stava mettendo su un bello spettacolino di lotta, ma era solo spettacolo.
Colin gli alzò la djellaba sul dietro, esponendogli il culo. Jared gemette.
“Mi fotterai?” I piedi di Jared si stavano già allargando, offrendogli l’accesso. “Mi fotterai mentre mi tieni legato al rubinetto, tu bastardo malato fottuto?” La sua voce era tagliente e mascherata dalla lussuria.
Colin si aprì i jeans e li spinse giù assieme ai boxer. Il suo uccello era più che pronto. Pensò di prendere un preservativo, ma dato che Jared aveva già ingoiato il suo sperma, era irrilevante. Colin aprì la lozione e ne spremette un generoso mucchietto nel palmo della mano.
“Tu fottuto pervertito,” Jared cominciò a tirare la cintura di nuovo. “Questo è stupro! Questo è stupro, tu fottuto animale!”
Colin si mosse in avanti, strofinandogli l’uccello oscenamente contro il culo e allungando la mano che non era piena di lozione. Strinse con forza il rigido uccello di Jared. “Non puoi stuprare i volontari, puttana.”
Jared si dimenò e si lasciò sfuggire un gridolino. “Oh cazzo,” ansimò. “Tu fottuto sporco fottuto bastardo!”
Colin si spalmò la lozione sull’uccello, riuscendo a stento a trattenersi e poi iniziò a spingersi dentro di lui senza nessun’altra preparazione. Non era un sadico comunque e quando avvertiva della resistenza rallentava e stava più attento. Jared lo prese in pieno abbastanza velocemente, con poche lamentele. Era così stretto e caldo dentro che Colin poteva a malapena tenere in piedi la farsa. Gemette aspramente, afferrando i fianchi di Jared, la mano con la lozione che scivolava sulla pelle.
Nemmeno Jared riuscì a mantenere in piedi la farsa molto bene. Cominciò a spingere i fianchi in breve tempo, il corpo che sobbalzava e Colin temette realmente che stessero davvero per strappare il rubinetto dal muro. Il viso di Jared nello specchio appariva arrossato, gli occhi chiusi, i capelli che gli ricadevano mollemente attorno. Colin appariva altrettanto incasinato, i suoi stessi occhi vitrei gli sembravano estranei. Si spinse dentro Jared, il piacere raddoppiato dopo tutto il dolore e la lotta e volle scoparlo per il resto del pomeriggio.
“Scopami,” gemette Jared disperatamente. Le sue dita erano avvolte attorno al rubinetto, afferrandolo disperatamente. “Più forte, oh Dio più forte!”
Colin lo scopò forte, spingendolo contro il lavandino, quasi sbattendogli la testa contro lo specchio ad un certo punto. Colin fece scivolare una mano sotto di lui e trovò di nuovo il suo uccello, accarezzandoglielo. Era caldo e gocciolante.
Colin stava cercando di trattenersi finché non fosse venuto Jared e quando sentì il primo fiotto caldo colpirgli la mano, la prima stretta attorno al suo uccello, si spinse dentro di lui senza pietà e cominciò a venire mentre Jared stava ancora sprizzando. Jared stava piagnucolando e tremando sotto di lui, le mani strette a pugno contro i lati del rubinetto. Colin era sdraiato sulla sua schiena, quasi piegato in due con lui. Quando l’uccello di Colin smise di muoversi, scivolò fuori da lui, ansimando. Voleva stendersi sul pavimento. Invece si appoggiò pesantemente contro il mobiletto, cercando di riprendere fiato.
Jared grugnì e crollò, le ginocchia gli cedettero contro l’armadietto, la testa penzoloni cosicché i capelli riempirono il lavandino. Colin riacquistò i sensi e si allungò, slacciando la cintura.
Quando si fu allentata abbastanza, Jared fece scivolare fuori le mani, poi scivolò via dal lavandino e si mise a sedere di fronte ad esso, appoggiandosi al mobiletto. Colin lasciò la cintura attorno al rubinetto e lo raggiunse.
Rimasero seduti e si godettero gli effetti del dopo orgasmo, Jared massaggiandosi i polsi che erano rossi e segnati da linee. Nessuno dei due disse una parola per alcuni minuti. Quando Colin si fu calmato, si rese conto che il corpo gli doleva ovunque. Aveva ancora i pantaloni e i boxer attorno alle caviglie, il suo uccello bagnato che gli si afflosciava contro la coscia. La djellaba di Jared era raccolta a casaccio attorno a lui.
“Stai bene?” chiese infine Colin sommessamente, rompendo il silenzio.
Jared alzò lo sguardo su di lui. Aveva le palpebre pesanti e un piccolo sorriso sulle labbra. “Non sono mai stato meglio.” Poi sussultò. “A parte forse, le costole dove mi hai colpito. Dio, hai proprio un pugno niente male.”
“Hai cominciato tu.”
Alla fine si alzarono in piedi. Colin si tirò su i boxer e mise da parte la lozione. Tolse la cintura dal rubinetto e la portò fuori dalla stanza, lanciandola su una sedia. Jared stava seduto sul bordo del letto, continuando a strofinarsi i polsi.
“Credo che mi servirà della pomata,” disse, ispezionandoli.
“Cosa dirai alla gente quando li vedranno?”
“La verità,” Jared sogghignò al suo indirizzo. “Sesso ruvido.”
Colin si domandò se avrebbe detto con chi, ma non glielo chiese. Immaginò che Jared avesse abbastanza rispetto della sua privacy da non farlo. “Vuoi una sigaretta?” chiese Colin, cercando il suo pacchetto. Era sul tavolo dall’altra parte del letto.
“Certo,” Jared si spostò sui cuscini e si accomodò con cautela. “Stiamo per lasciare tutte le nostre comodità molto presto. Meglio godersele finché possiamo.”
Colin portò il pacchetto di sigarette attorno al letto e le porse a Jared con un sorriso. “Sarà sexy.”
 
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