Bruciando Le Linee - Marocco, 6° Capitolo

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ssyn3
view post Posted on 22/10/2006, 02:01




BRUCIANDO LE LINEE

RATING: NC-17
PERSONAGGI: Colin Farrell, Jared Leto, Jonathan Rhys-Meyers, Francisco Bosch, Gary Stretch, Angelina Jolie, Val Kilmer, Rory McCaan, Rosario Dawson, Oliver Stone
ACCOPPIATE: Colin/Jared, Jonathan/Francisco
CONTENUTI: sesso telefonico m/m, linguaggio sconcio
DESCRIZIONE: durante le riprese di Alexander, Jared porta Colin in una selvaggia cavalcata sessuale da Marrakech al deserto del Sahara e oltre.
DICHIARAZIONE: tutti gli eventi sono interamente finzione e non sono intesi a riflettere la vera natura, personalità o le preferenze sessuali delle persone coinvolte.
TRADUZIONE: ssyn3
BETA: Perpetua

“Mi chiamerai, non è vero?”
Jared stava girando per la camera di Colin come se fosse la sua, guardandosi attorno per vedere se c’era niente che Colin avesse bisogno di portarsi appresso. Colin si chiese quando si fossero sposati e perchè nessuno l’aveva informato. L’unica ragione per cui tollerava l’invasione presuntuosa di Jared era perchè tutto quello che stava indossando erano un paio di jeans che stavano perdendo la loro debole presa sui suoi fianchi magri e spigolosi e il modo in cui i capelli gli accarezzavano la schiena in garbugli delicati faceva venire voglia a Colin di passarci le dita dentro. Se si fosse presentato completamente vestito, Colin l’avrebbe sbattuto fuori.
“Si, ti chiamerò mamy.” Disse Colin, controllando per vedere se aveva il portafoglio. S’acciglio quando Jared gettò diverse magliette in cima alla pila dei vestiti già ordinati nella sua valigia. “Vado via solo per tre fottuti giorni, Jared!”
“Sai quanto caldo fa in questo paese,” Jared si diresse verso l’armadio e cominciò ad aprire le ante, sbirciando all’interno. “E sai quanto sudi attraverso ogni cosa.”
Colin si avvicinò e chiuse le ante con rabbia. Jared alzò lo sguardo su di lui con quella sorta di studiata pazienza che si riserva ai bambini che fanno i capricci. “Non sudo attraverso i vestiti!”
Colin lo spinse via dall’armadio. “Stai lontano dal mio dannato armadio!”
“Perchè? Hai qualcosa da nascondere? Giocattoli sessuali e roba simile?”
“No, quelli li ho già impacchettati,” disse Colin seccamente. Tornò alla sua valigia posata sul letto, gettò da parte le magliette e la chiuse. “Ci siamo sposati o cose simili? So che ero abbastanza ubriaco sabato sera. Mi sono perso qualcosa?”
Jared sogghignò e si lasciò cadere sul letto accanto alla sua valigia. Colin la chiuse con la cerniera. “Non ti sei chiesto da dove viene quell’anello?” disse Jared.
“Pensavo fosse il tuo anello per il pene,” Colin rigirò uno dei tanti anelli che aveva alle dita. “dato che è così piccolo e stretto.”
Jared, che ora se ne stava sdraiato sulla schiena, i capelli sparsi sulle lenzuola, alzò la mano ed estese il dito medio. Colin tirò giù dal letto la valigia.
“Non dovresti dire questo genere di cose alle persone che ti scopi. Potrebbe venir preso nel senso sbagliato.”
“Non dovresti far casino nella mia roba mentre faccio le valigie. Potrebbe venir preso nel senso sbagliato.”
Colin trascinò la valigia all’ingresso e controllò l’orologio. Quindici minuti prima che la macchina venisse a prenderlo. Jared lo seguì, i piedi nudi che facevano rumore sul pavimento.
“Ti mancherò?” Jared si mise in piedi di fronte a lui, le mani sui fianchi, dondolandosi sui piedi. I suoi occhi erano allacciati a quelli di Colin, rifiutandosi di lasciarlo andare via senza aver ottenuto una risposta.
“Come ad un eunuco mancano le sue palle,” disse Colin.
Jared pizzicò il capezzolo di Colin attraverso la maglietta. Colin lanciò un gridolino e arretrò. “Stronzo!”
Jared sorrise dolcemente. “Questo per aver detto che ho il cazzo piccolo.”
Colin s’accigliò e si strofinò il capezzolo, poi scosse la testa. “Mi stavi rompendo quando l’ho detto. Non che tu non lo stia facendo adesso.”
“Allora, non ho il cazzo piccolo?”
“Cosa pensi?”
Jared si avvicinò, cosicché il calore del suo corpo filtrò attraverso la maglia di Colin. Sapeva di sapone e sudore. “Com’è che non dici mai niente direttamente?” Le sue mani si mossero sopra il petto di Colin, accarezzando il capezzolo che aveva pizzicato, che ora era eretto. “Non mi dai mai una risposta diretta.”
“Sto avendo molti problemi a definire diretta qualsiasi cosa.” Colin alzò il braccio e controllò l’orologio da sopra la spalla di Jared. “Devo andare.”
Jared agguantò la maglia di Colin e lo attirò più vicino, così che le loro bocche quasi si toccavano.
“Dimmi che ti mancherò,” sussurrò.
Colin esitò, osservando così da vicino gli occhi di Jared che gli sembrarono una macchia di blu e bianco. Questo era il motivo per cui non gli piaceva dare risposte dirette – dava a Jared troppo vantaggio. Le mani di Jared erano strette alla sua maglietta, lo tenevano ben fermo. Non aveva intenzione di mollare.
“Mi mancherai,” disse Colin sommessamente. Fece scivolare le mani attorno a lui e diede delle pacche veloci al sedere di Jared, “Mi mancherà questo.”
“Stronzo,” Jared eliminò la distanza rimanente fra le loro labbra e gli diede un bacio lungo e duro.
La bocca di Colin formicolava quando si tirò via, liberandolo infine dalla sua presa.
“Chiamami!” Jared gridò mentre Colin trasportava la valigia lungo il corridoio, mentre lui si dirigeva nella direzione opposta verso camera sua.
“Ti chiamerò, cazzo!” gli urlò dietro Colin senza voltarsi. Le porte dell’ascensore si stavano aprendo giusto in quel momento e così si affrettò per riuscire a prenderlo.
“Arrivederci Signor Leto!” Sentì Jared dire.
“Fottiti!” gli gridò Colin di rimando, sperando che le persone che uscivano dall’ascensore non parlassero Inglese. Gli lanciarono sguardi curiosi e sorpresi comunque.
“Prego?” Sentì Jared gridare mentre le porte si chiudevano.
Colin si appoggiò al muro dell’ascensore, la valigia ai suoi piedi e scosse la testa.

L’allenamento e il campo di esercitazione erano finiti ormai da una settimana. Era stato piacevole tornare alla civiltà e avevano avuto come ricompensa il fine settimana libero. Ora che la settimana era finita, Oliver stava tentando di riabbottonare diverse cose tutto allo stesso tempo, molte delle quali includevano delle nuove riprese e rigirarne altre.
Questo comportava il dislocamento in vari posti di diverse crew e Colin aveva dovuto recarsi a Marrakech per fare la sua parte. Solo tre giorni in tutto, ottenne una camera confortevole in un hotel carino, della privacy e doveva passare solo poche ore sul set al giorno, cosicché non aveva da lamentarsi. Inoltre, aveva pensato che passare un po’ di tempo lontano da Jared sarebbe stata una buona cosa.
Sarebbero andati in Tailandia le prossime settimane per continuare a girare, così Colin voleva godersi la cultura del Marocco più che poteva finché aveva tempo. Marrakech era il posto eccellente per farlo.
Dopo essersi registrato, uscì, visitò la città e fece spese con diversi membri della crew delle riprese. Prese dei regali per la sua famiglia e poi, anche se non aveva nessuna intenzione di dirlo a Jared, si comprò una djellaba. Era verde scuro e una delle ragazze della crew gli disse che si adattava alla sua tintarella – non che il suo colorito fosse come al solito.
Si fermarono a bere qualcosa durante il ritorno, poi Colin tornò nella sua stanza, disfò i bagagli e chiamò sua madre. Questo gli lasciò un’ora scarsa per lavarsi e vestirsi prima d’incontrarsi con gli altri per cena. Decise che quell’ora gli serviva tutta e che non poteva assolutamente chiamare Jared.
La cena venne servita in un piccolo ristorante vicino all’hotel che era pieno di gente e risplendeva di lanterne la cui luce filtrava attraverso le travi e Colin provò così tanti tipi di cibo che non riuscì a ricordarsene i nomi. La ragazza che l’aveva incoraggiato a comprare la djellaba si sedette di fianco a lui e parlarono mentre mangiavano. Aveva un sorriso bellissimo.
Colin trovò delle ragioni per uccidersi quando, dopo aver bevuto alcuni drink con lei al bar dell’hotel, declinò il suo invito nella sua camera, dicendo che aveva bisogno di un po’ di riposo. Tutto quello a cui riusciva a pensare erano le parole che Jared gli aveva detto sul balcone. Quando te ne andrai da qui, potrai gozzovigliare con tutte le donne del mondo. Sai che lo farai. E allora perchè non ti godi questo lato di te stesso finché sei qui?
Tornò nella sua camera e prese delle aspirine – solo due comunque, non abbastanza per ucciderlo. La testa gli doleva a causa di tutto il rumore del ristorante. Pensò a come in quel momento avrebbe potuto trovarsi a letto con una ragazza carina e nuda. Invece se ne stava seduto nel letto da solo guardando la televisione e cercando di dimenticarsi il numero di Jared.
In cosa diavolo mi ha trasformato quel bastardo?
Pensò di tornare al bar. Ma se la ragazza fosse stata ancora là – non era nemmeno sicuro di aver capito il suo nome – se ne sarebbe risentita. Non c’era nessun altro con cui parlare, tutti quelli che conosceva con un certo livello di intimità erano a Melilla. C’erano solo le voci nella sua testa, la qual cosa, pensò, era la prima avvisaglia della pazzia.
Quando scese la notte, non riuscendo più a trovare delle scuse, tolse l’audio alla televisione e alzò la cornetta del telefono. Gli rispose la segreteria telefonica di Jared.
“Idiota,” disse Colin nel ricevitore. “Hai voluto che ti chiamassi e poi nemmeno rispondi!” Diede a Jared il numero dell’albergo.
Solo dopo aver appeso si accorse che era sembrato un fidanzato scocciato.
Ordinò una bottiglia di whisky al servizio in camera e si provò la djellaba. Donava davvero alla sua carnagione, ma era troppo strana – troppo somigliante ad un vestito da donna. Se la tolse prima che gli portassero il whisky. Forse avrebbe potuto mandarla a suo fratello, dato che era stata concepita per un uomo.
Colin stava bevendo dalla bottiglia e guardando Jeopardy in Marocchino quando il telefono squillò.
“Era ora che chiamassi,” disse Jared.
“Tu mi hai chiamato,” Colin raccolse il telecomando e tolse l’audio.
“Però mi hai chiamato prima tu,” disse Jared.
“E ho beccato il tuo stupido messaggio vocale.”
Jared ridacchiò e Colin si prese a calci mentalmente. Poi Jared continuò. “Mi ero stancato di aspettarti e così sono andato a prendermi da mangiare. Non è educato portare a cena il cellulare.” Disse Jared.
“Grazie per il consiglio,” Colin cominciò a fare zapping con la tv ancora silenziosa. Non faceva differenza dato che non l’avrebbe capita comunque.
“Allora com’è Marrakech?”
“Uguale a com’era quando siamo stati qui l’ultima volta,” Colin appoggiò il telecomando, sintonizzandosi su un programma dove due uomini stavano guidando giù per una strada, con i sottotitoli in basso che non erano in Inglese manco quelli. “Abbiamo fatto un po’ i turisti oggi. Volevo farlo un’ultima volta prima di andare in Tailandia.”
“Dovrei venire quando avrai finito di girare,” disse Jared. “Potremmo fare un ultimo tour insieme.”
Colin non disse ne si né no. Probabilmente sarebbe stato piacevole.
“Allora sembra che ti stia divertendo,” disse Jared. Colin lo sentì trafficare dall’altra parte e si chiese cosa stesse facendo.
“Già,” disse Colin. “Sono andato a cena con tutti stasera. Ho conosciuto questa splendida ragazza della crew, ci ho passato un po’ di tempo.”
“Oh davvero?” La voce di Jared aveva un tono divertito. “Anche lei pensava che fossi splendido?”
“Si, sembrava di si.” Colin pensò di raccontargli la storia della djellaba, ma allora sarebbe stato come ammettere che ne aveva comprata una.
“Allora com’è che adesso non sei nella sua stanza?”
“Era stanca,” disse Colin velocemente. “C’è un sacco di lavoro da fare domani.”
“Capisco.”
Colin s’accigliò nel silenzio che seguì. “Lo era davvero! E comunque, anch’io sono stanco. Un sacco da fare domani, come ho detto.”
“Allora com’è che non stai dormendo?”
Colin desiderò davvero che ci fosse un pulsante sul telefono che si potesse schiacciare per dare alla persona all’altro capo del filo un bel, soddisfacente elettroshock.
“Mi hai detto tu di chiamarti,” disse Colin mettendolo alla prova. “E comunque, come fai a sapere che non stavo dormendo quando hai chiamato?”
“Non hai la voce assonnata. In più, hai alzato il ricevitore al secondo squillo.”
“Beh, adesso ti ho chiamato. E quindi adesso ti dico buonanotte, sogni d’oro e compagnia.”
“Solo così?” La voce di Jared si abbassò ad un livello che parlava più all’inguine di Colin che non alle sue orecchie. Il suo inguine ascoltava di più e Jared lo sapeva. “Niente sesso telefonico?”
Colin alzò gli occhi al cielo. “E’ per questo che volevi che ti chiamassi?”
“Cosa pensavi?” Jared sembrava sbalordito. “Ma certo!”
“Beh, sei sfortunato perchè ho bisogno di dormire.”
“Non sai come farlo, non è così?”
“Cosa?”
“Non sai come fare sesso telefonico.”
Colin sbuffò col naso. “Cosa c’è da sapere? E cosa ne sai di quel che so o non so?”
“Non l’hai mai fatto prima.”
“Non puoi saperlo!”
“Allora perchè sei così reclutante?”
“Te l’ho detto, ho bisogno di dormire!”
Jared rise. Era vero, Colin non aveva mai fatto sesso telefonico perchè preferiva darci dentro sul serio che non parlarne. Poteva sentire il respiro leggero di Jared dall’altro capo del filo.
“Vuoi che ti dica cosa sto indossando?” chiese Jared.
“Puoi dirmi che stai indossando qualsiasi cosa,” Colin lanciò un’occhiata a se stesso. “Io indosso un paio di vecchi pantaloni del pigiama sformati e il mio orologio. E’ la verità. Non molto sexy, no?”
“Mi piace quell’orologio,” la voce di Jared era diventata lenta e pigra. “Me ne è rimasto il segno sul fianco sinistro. L’ultima volta che abbiamo scopato lo indossavi mentre mi stavi dietro.”
Colin trasalì leggermente, un brivido caldo lo attraversò. Lanciò un’occhiata al suo orologio, la luce della lampada del comodino che ci si rifletteva sopra. “Non è vero.”
“Si invece,” disse Jared con voce roca. “Te lo mostrerei, ma probabilmente se ne sarà andato per quando tornerai. Ma fidati, c’è.”
Colin non sapeva cosa dire. Deglutì.
“Nemmeno io indosso niente di esaltante, al momento,” disse Jared con noncuranza. “Un paio di pantaloncini e la tua maglietta.”
“Huh?”
“Una di quelle che hai gettato sul letto. L’ho presa prima di seguirti fuori.” Ci fu un rumore di stoffa contro il telefono, poi il rumore di qualcuno che annusa. “Profuma di te.”
“Dannato ladro,” ma la voce di Colin era debole.
“Buona scelta di stoffa,” sussurrò Jared. “E’ piacevole e morbida quando mi pizzico i capezzoli indossandola.”
Colin cercò di rimanere calmo. Si, aveva bisogno di andarsene a letto. Il suo uccello, comunque, stava cominciando a risvegliarsi. “Jared...”
“Se fossi qui, mi diresti di togliermela?”
“Probabilmente, è la mia dannata maglietta.” Colin si abbassò sui cuscini, incrociando le caviglie.
“Dimmelo,” sussurrò Jared. “Dimmi di togliermela.”
Il calore nello stomaco di Colin si allargò verso il basso. Si schiarì la gola. “Toglitela.”
“Togliti cosa?” La voce di Jared era morbida e sarcastica. “Dimmelo. Dillo.”
Colin chiuse gli occhi. Dopo un momento disse sommessamente. “Togliti la mia maglietta. La tua maglietta. Toglila.”
Si sentirono dei rumori di stoffa dall’altra parte. Colin non capì di star trattenendo il fiato finché Jared non tornò al telefono e lo lasciò andare.
“Tolta,” disse Jared. “Vuoi che mi tolga altro?”
Colin lanciò un’occhiata all’orologio. Era ancora relativamente presto – solo un altro paio di minuti non gli avrebbero fatto male...
“Togliti i pantaloncini,” disse Colin.
“Ma così rimarrei nudo!” disse Jared, fingendosi sorpreso.
Colin sogghignò. “Se ti fa sentire meglio, mi toglierò anch’io i pantaloni.”
“Si, fallo.”
Colin si sentì stupido, mettendo il telefono da parte e dondolandosi fuori dai pantaloni. Li scalciò via, attraverso il letto. Il suo uccello si stava alzando per salutarlo. Riprese in mano il telefono. “Tolti.”
“Anche i miei,” disse Jared. “Ora che siamo nudi, cosa facciamo?”
“Jared - ” Colin esitò un momento. “Va bene, lo ammetto. Non l’ho mai fatto prima d’ora.”
“Non è un problema,” lo sentì sogghignare, attraverso il telefono. “Io parlerò, tu rispondi.”
“Va bene,” Colin si sentiva comunque imbarazzato. Prese il telecomando e spense la televisione. “Dunque.”
“Dunque. Se fossi lì, cosa ti piacerebbe che facessi?”
Colin cercò di pensare. La voce di Jared tornò prima che potesse trovare una risposta. “Cosa ti piace delle cose che ti faccio? Ti piace quando ti succhio l’uccello?”
“Si, mi piace.” Colin scivolò un po’ in giù sui cuscini, chiudendo gli occhi e assorbendo la soffice cadenza della voce di Jared.
“Sei sul letto adesso? Sei seduto?”
“Più o meno sdraiato.”
“Molto bene... Posso strisciarti su tra le gambe.”
Colin slacciò le caviglie, allargando un po’ le gambe. Si sentiva sciocco, ma non era come se Jared avesse potuto vederlo.
“Cosa faresti dopo?” chiese Colin.
“Prima ti leccherei le palle, mentre faccio scorrere le mani sulle tue cosce, su e giù per tutta la loro lunghezza. Puoi sentire la mia lingua? Quant’è calda e umida?”
Colin rabbrividì, facendosi scivolare le mani sullo stomaco. L’uccello si stava indurendo ulteriormente. “Posso immaginarla.”
“Poi ti leccherei tutto l’uccello dal basso verso l’alto,” sentì il suono di una leccata dall’altra parte e si chiese cosa stesse leccando. “Facendo girare la mia lingua su tuuuuutta la punta... lentamente e piacevolmente, così come piace a te.”
Colin si agitò un pochino. Ma non si era ancora toccato. Lo stava immaginando.
“Dimmi di succhiarti l’uccello.”
Colin arrossì. Forzò la voce a collaborare. “Succhiami l’uccello, Jared.”
“Mmmm,” ci fu un soffice rumore di risucchio dall’altro capo. Colin immaginò che si stesse succhiando le dita. Si fermò e parlò di nuovo. “Sto facendoci scivolare sopra la bocca. Prendendolo tutto dentro, fino in gola, piacevolmente e lentamente, stringendoci attorno le labbra. Ti piace?”
“Si,” sussurrò Colin. La sua mano scese in basso, la punta delle dita che gli sfiorava la punta dell’uccello.
“Ci sto facendo scivolare sopra la bocca, su e giù, ancora e ancora. Puoi sentire la punta scivolarmi sulla lingua. Io alzo lo sguardo su di te per vedere quanto te lo stai godendo...”
Colin poteva immaginare quegli occhi blu che lo guardavano. Avvolse la mano sul suo uccello. “Infilo le dita tra i tuoi capelli,” mormorò Colin.
“Si,” disse Jared sospirando. “Prendine una bella manciata piena. Tienili forte. Tirali. Forzami ad abbassare la testa, fammi prendere il tuo uccello.”
Colin cominciò ad accarezzarsi, immaginando che fosse la bocca di Jared quella attorno al suo membro anche se la sua mano non era nemmeno lontanamente così calda o bagnata. “Ti sto tirando i capelli,” disse Colin, sforzandosi di trovare le parole. “Scopandomi la tua faccia.”
“Si!” La voce di Jared era veloce ed eccitata. “Ti sto succhiando più forte adesso, ingoiandoti tutto l’uccello. Dimmi cosa vuoi farmi.”
Colin sputò fuori le parole prima di sapere che stavano per arrivare. “Anch’io voglio succhiartelo.”
Silenzio dall’altra parte del filo. Colin aprì gli occhi e prese dei respiri veloci, fissando il soffitto, fermando la mano sul suo uccello.
“Oh, mio santissimo Dio,” disse Jared, la voce eccitata e veloce. “Davvero? Vuoi succhiarmi l’uccello?”
Colin immaginò che fosse troppo tardi per tirarsi indietro. “Si.”
“L’hai mai fatto prima?”
Il suo orgoglio di macho ferito, che si stava nascondendo nell’armadio, gli brontolò di farsi avanti e di dirglielo, l’avrebbe fatto anche lui.
“Una volta, quand’ero più giovane. Ma non è che non me l’abbiano fatto abbastanza da non comprendere il meccanismo.”
“Dio,” il respiro di Jared era veloce e corto. “Ti terrò per quell’adorabile zazzera bionda mentre lo farai.”
Colin difficilmente l’avrebbe chiamata ‘adorabile’, ma non polemizzò. “Davvero? Dovrai guidarmi.”
“Lo farò,” Jared gemette leggermente. “Posso immaginare anch’io la tua bocca su di me. Quella barba sexy sul tuo mento che mi accarezza le palle.”
“Non sono sicuro di riuscire a prenderlo così a fondo...”
“Ti mostrerò come rilassare la gola.”
“Mi piacerebbe conoscere il tuo sapore.”
Ci fu un rumore di scivolamento dall’altro lato, un sospiro. “Mi bagnerò così tanto per te. Avrai un buon assaggio. Terrò l’uccello in mano, così potrai prenderlo.”
Colin chiuse gli occhi e ricominciò ad accarezzarsi. Si sentiva orribilmente vulnerabile, ma anche eccitato e desideroso oltre ogni dire. “Quando avrò finito di succhiartelo ti fotterò, forte e piacevolmente.”
“Davvero?” Colin udì chiaramente il rumore del tappo di una bottiglia che si apriva. “Potrai infilarmi le dita nel culo mentre mi lecchi, preparandolo per il tuo uccello. Mi piace questo.”
“E’ quello che stai per fare adesso?”
“Infilarmi le dita nel culo e far finta che sia il tuo uccello? Si.”
Colin scivolò ancora più in basso sui cuscini, abbandonando ogni pretesto. Resse il ricevitore fra la spalla e l’orecchio e si occupò del suo uccello con piena intensità, l’altra mano che scivolava a massaggiarsi e prendersi a coppa le palle. “Mi metterò le tue ginocchia sopra le spalle,” sussurrò Colin. “Hai delle gambe fottutamente splendide.”
“Ti piacciono?” Ci fu altro rumore dall’altro lato. “Mi piacerebbe mettertele sulle spalle. Potresti leccarle mentre mi scopi.”
Colin emise un gemito, accarezzandosi più forte, immaginandosi Jared sotto di lui, le gambe in aria. “Le spingerò indietro e infilerò l’uccello dentro di te.”
Sentì un leggero grugnito e poi un ansito dall’altro capo del filo. “Si, proprio così. Quel grande uccello Irlandese dentro di me, che mi apre.”
Per qualche ragione, quest’affermazione quasi fece venire Colin. Gemette, cercando di pensare a qualcosa da dire, tutto il sangue che gli era fluito dal cervello all’uccello.
“Scopami,” lo implorò Jared, la voce così intensa che Colin poté quasi sentire il suo respiro contro l’orecchio. “Fammi gridare.”
“E’ proprio quello che intendo fare,” Colin trovò le parole, lasciandole andare in un balbettio incoerente. “Affondo dentro di te, fottendoti così duramente che puoi sentirmi nella gola. Ti piace? Lo vuoi più forte? Dimmelo.”
“Si!” la voce di Jared divenne un grido, facendo gracchiare la linea. “Fottimi più forte! Fottimi forte, fottutamente forte!”
Colin gemette, l’uccello scivoloso tra le sue dita chiuse a pugno, tremante, le palle che gli si stringevano. “Dì il mio nome.”
“Colin!” la voce di Jared era un lamento, pieno di desiderio. “Colin scopami!” La voce gli divenne morbida dopo, lenta e sibilante. “Sono la tua fottuta puttana. Una puttana per il tuo uccello. Ti piace? Ti piace farmi diventare una puttana implorante e supplicante?”
“Si,” biascicò Colin. “Hai una linguaccia fottutamente sporca. Mi piace starti a sentire.”
“Vienimi dappertutto,” sospirò Jared. Colin poteva sentire i suoi grugniti e sospiri e sapeva cosa le sue dita erano intente a fare. “Tiralo fuori dal mio culo e vienimi su tutto il corpo – sullo stomaco, sul petto e sui capezzoli. Annegamici.”
“Si,” Colin poteva a malapena parlare adesso, le dita dei piedi che si torcevano, la tensione dentro di lui che si acuiva, pronta ad esplodere. “Su tutta quella tua pelle perfetta. Poi forse te lo leccherò via. Te lo succhierò dai capezzoli, lo leccherò fuori dal tuo ombelico.”
“Oh Dio!” Jared stava ansimando. “Fallo. Ricoprimici.”
“Vieni per me prima,” Colin sentì come se lo avesse in suo potere adesso, e se lo stava godendo. “Voglio che ti vieni su tutto il corpo, così potrò mischiarli assieme con la lingua.”
“Tu bastardo eccitante,” gemette Jared e Colin udì il suono soffocato di qualcosa che cadeva. Doveva essersi lasciato sfuggire il telefono, perchè quando Colin udì i suoi gemiti e grida non erano contro il ricevitore. Colin chiuse gli occhi, lasciandosi andare al bisogno dentro di lui e lasciandosi quasi scappare il telefono lui pure, quando il suo uccello cominciò a tremare, il caldo liquido che gli sprizzò sulla mano. Immaginò che colpisse la pelle di Jared, il suo corpo che tremava sotto il suo. Capelli, sudore e mani che afferravano.
“Colin?” il telefono era stato reclamato di nuovo.
“Sto venendo per te, Jared,” Colin tremò, un ultimo spruzzo che gli colpiva lo stomaco. “Sto venendo su di te.” Jared gemette deliziato.
Ansimarono insieme per alcuni minuti. Colin crollò sul letto, fissando stordito il soffitto. L’uccello stava ancora tremando un po’, il calore appiccicoso sul suo stomaco che si raffreddava. Jared emise un leggero sbuffo con il naso. “Ci fumiamo una sigaretta metaforica adesso?”
“Al diavolo,” disse Colin pigramente. Si mise il telefono contro l’orecchio e allungò una mano verso il comodino. “Io me ne faccio una vera.”
Sentì che anche Jared si muoveva dall’altro lato del filo. Rumore di carta, il suono di un accendino. Colin se ne mise una tra le labbra e fece scivolare le dita sul suo Zippo.
“Mmmm,” sospirò Jared e Colin lo sentì soffiare fuori il fumo. “Allora, devo venire a Marrakech per il pompino? Volevo dire per la visita?”
Colin sogghignò e accese la sigaretta. “Spiacente,” disse Jared. “Puoi notare che ho confuso le due parole.”
“Assolutamente.”
“Assolutamente cosa? Devo venire?”
“L’hai appena fatto,” Colin lanciò l’accendino sul comodino e prese una lunga boccata di fumo.
“A Marrakech, stupido.”
“Come puoi trattarmi così dopo che abbiamo appena scopato?” disse Colin dopo aver soffiato fuori il fumo, cercando di apparire ferito.
“Se non lo facessi, penseresti che sono innamorato di te.”
Colin ridacchiò e si passò il pollice sul naso. “Come vuoi. Vieni.”
“Voglio sentirtelo dire.”
Colin s’accigliò, “Perchè?”
“Dillo e basta. Chiedimi di venire.”
Colin sospirò. Prese un’altra boccata di fumo dalla sigaretta, la soffiò verso il soffitto e poi disse sommessamente. “Potresti venire a Marrakech per favore, Jared?”
“Si,” ci fu un rumore di spostamento dall’altra parte. “Verrò a Marrakech, ma adesso vado in bagno a ripulirmi del tuo sperma. Beh, il mio. Ma posso far finta che sia tuo.”
“Sembra una buona idea,” Colin guardò la sostanza luccicante sulla sua pancia. “Immagino che ti vedrò fra tre giorni.”
“Buonanotte Colin,” la voce di Jared era morbida e appassionata. “Dormi bene.” Ci fu un click. La linea fu interrotta.
Colin riagganciò il telefono e finì di fumare la sigaretta, osservando il soffitto nel pesante silenzio. Immaginò Jared, a miglia di distanza, che scivolava dentro la doccia. L’idea gli piaceva fin troppo, quella di infilarsi dietro di lui anche di più. La fine delle riprese non avrebbe mai potuto arrivare abbastanza in fretta.

NOTA DELLA TRADUTTRICE: in questo capitolo sono presenti numerosi doppi sensi che, purtroppo, non ho potuto rendere nella traduzione. Se siete curiosi di sapere quali sono, chiedete pure, anche se so che sarebbero più divertenti se non venissero spiegati! Comunque, sono a vostra disposizione!
 
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*elisapuchu*
view post Posted on 22/10/2006, 10:18




CITAZIONE
“Come ad un eunuco mancano le sue palle,” disse Colin.

Avevo le lacrime agli occhi..
Ma poi andando avanti, altro che lacrime! XD

Bellissima ed eccitante, come sempre **!
Grazie!
 
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ssyn3
view post Posted on 23/10/2006, 00:33




Questo è in assoluto il mio capitolo preferito, c'è uno scambio di battute eccezionale!^^
Felice di farvi felice!
 
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Niamh +Dusk And Dawn+
view post Posted on 23/10/2006, 21:51




mi piace un bordello qst fic... sono andata un pò avanti cn la verisone in inglese che ho io, ma sto capendo il 20 % delle scene :cry: [soparttutto nn capisco "quelle" scene <_< :cry: ] quindi x averlo tradotto ti farei una statua ^_^
e poi è troppo bella... mi inchino con devozione alla scrittrice!
 
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elewhin
view post Posted on 26/6/2007, 12:53




Oddio quanto è eccitante ritrovare l'intensità che ricordavo dalla versione inglese mista alla rilassatezza della lettura in italiano!
Per questa tua opera, ti propongo al nobel per la lussuria!
(Anche a me questo è uno dei capitoli che piace di più)
 
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Zoee
view post Posted on 14/11/2007, 05:16




Mi associo ad Elewhin ed Elise.. dio quando ho letto dell'eunuco ero agonizzante XD

Il resto poi .. dio, fino ad ora è davvero il più intenso (L)
 
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view post Posted on 6/5/2008, 01:35
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La sensualità di questo capitolo è da sturbo!!! *///*
Stupendo... Dio, adoro le dinamiche tra di loro, Jared che guida perché Colin arrivi a guidare a sua volta... favolosi!!!
Col ha decisamente talento nelle pratiche a lui nuove, impara immediatamente! :P

CITAZIONE
“Hai delle gambe fottutamente splendide.”

Sottoscrivo!!!! *____*
 
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6 replies since 22/10/2006, 02:01   968 views
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