Fate's a Bitch, Capitolo 11

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ssyn3
view post Posted on 13/4/2012, 23:32




Fate's a Bitch

Autrice: Legolastariel
Traduzione: ssyn3
Beta: _Made_


Capitolo undici

Passarono le settimane. Settimane durante le quali Jared cercò di venire a patti con la situazione venutasi a creare e mantenere, allo stesso tempo, anche la sua sanità mentale. Gavin era solo un ricordo sbiadito nei recessi della mente, adesso – non dimenticato, ma ormai non gli faceva più male. Eppure la sua vita era cambiata in peggio, di nuovo.

Nonostante i suoi fieri e quasi disperati tentativi di tenere a bada i propri sentimenti e anche se aveva cercato di stare quanto più lontano possibile da Colin Farrell, stava crollando miseramente. E lo sapeva benissimo.

Ogni notte prendeva la foto del bell’irlandese dal cassetto e la posava sul cuscino di fianco a sé prima di chiudere gli occhi per addormentarsi, ma il sonno lo fuggiva sempre più spesso. Alcune notti si perdeva in quella foto, l’unica parte di Colin che avrebbe mai potuto essere sua – un’immagine stampata su carta – e si toccava con il viso dell’uomo che amava di fronte agli occhi. E quando raggiungeva il piacere, sdraiato nel suo letto, tutto solo, sentendo la solitudine gravargli addosso con il doppio della forza, piangeva.

Durante altre notti, quando il sonno lo coglieva, infine, vedeva quei bellissimi occhi color cioccolato nei suoi sogni, che lo guardavano con amore, e più di una volta, le mani morbide e lisce di Colin accarezzavano il suo corpo e non quello del fratello.

Quando si trovava in compagnia di Shannon, cercava di mantenere la promessa di rimettersi in sesto e con tutta la forza che ancora poteva racimolare, forzava un sorriso, si comportava come se niente fosse ed eseguiva meccanicamente tutte le azioni di ogni giorno. Ma qualsiasi cosa facesse, la valanga era ormai in moto e non c’era modo di fermarla. Stava cadendo sempre più giù, senza che nessuno potesse afferrarlo.

Shannon non si era bevuto il suo comportamento nemmeno per un singolo giorno.

Aveva notato le ombre sotto i suoi occhi farsi sempre più scure e il brillante azzurro delle sue pupille, smorzarsi. Vedeva il suo sorriso e sapeva all’istante che era falso. Lo vedeva muoversi senza energia, come in coma e fissare gli occhi nel vuoto quando pensava che non ci fosse nessuno in giro. Jay non cantava più, come se tutte le canzoni presenti nella sua mente fossero state zittite da una schiacciante tristezza.

Più di una volta aveva preso il telefono in mano per trovargli un aiuto medico, ma non aveva mai composto il numero. Jared non era matto. Non più di quanto fosse accettabile, ecco. Ma qualcosa gli stava succedendo; qualcosa che stava distruggendo quello che una volta era stato il vibrante e forte spirito del ragazzo e lasciava di lui solo un’immagine spezzata e penosa che stentava a riconoscere come suo fratello. Aveva provato a parlargli molte volte, ma senza alcun risultato. Aveva scoperto che non c’era nulla che potesse fare. Il che lo faceva sentire frustrato e rabbioso.

Come aggiunta al fatto di essersi tramutato nell’ombra dell’uomo che era, sembrava che Jared disprezzasse Colin al punto da non poterne sopportarne la presenza. Quindi, ogni volta che lui e il fidanzato si trovavano a casa Leto, il giovane trovava sempre una scusa per rimanere in camera sua o uscire per andare da qualche parte. Il rifiuto non era passato inosservato e di contro, Colin, non apprezzava particolarmente il suo fratellino ed era diventato sempre più riluttante a seguirlo a casa sua.

Shannon si trovava quindi preso nel mezzo, cercando di bilanciare la sua voglia di passare del tempo col suo amore e la necessità di tenere sott’occhio il fratello. Lo faceva incazzare come una biscia il fatto di dover, ogni giorno, scegliere tra i due uomini che più amava al mondo.

Non sapeva certo che ogni volta che si presentava a casa con il fidanzato, Jared soffriva terribilmente. Cercare di evitare l’irlandese diventava sempre più difficile, perché a dir la verità, era solamente la sua testa che lo voleva evitare – il suo cuore anelava di vederlo più di ogni cosa. Eppure non osava. E sapeva benissimo che il suo comportamento aveva fatto sì che anche Colin lo prendesse in antipatia – tutti i sentimenti di amicizia in quei profondi occhi castani, si erano tramutati in occhiate gelide che lo passavano da parte a parte come frecce ogni volta che si rivolgevano verso di lui.

Avrebbero dovuto affiggere un cartello sulla porta principale: area a rischio di esplosione.

Erano i primi di dicembre e la grande città di Los Angeles aveva visto un sacco di pioggia durante gli ultimi giorni. Nuvole grigie e pesanti, gravavano sulle montagne di Hollywood e coprivano il sole, quindi quel giorno rimase sempre una debole luce. Era sabato e circa un’ora prima, Jared aveva chiuso il negozio ed era tornato a casa. Sapeva che Shannon non ci sarebbe stato. Aveva chiesto il giorno libero, così lui e Colin avrebbero potuto andare a comprare i regali per Natale e – non aveva alcun dubbio in proposito – un regalo per il suo compleanno, il 26 dicembre.

Si era preparato un panino per pranzo e stava sdraiato sul divano, occhi fissi sullo schermo della TV, quando sentì la porta principale aprirsi.

“Figlio di una…” la voce seccata del fratello raggiunse le sue orecchie, “e sì che dicono che nel sud della California non piove mai.”

Una risata divertita seguì istantaneamente la frase, assieme al rumore della porta che si richiudeva e Jared si irrigidì. Colin.

“Se può rallegrarti la giornata, tigre, ti libererò dei tuoi vestiti bagnati personalmente e ti asciugherò centimetro per centimetro.”

Il battito cardiaco di entrambi i Leto aumentò considerevolmente. Eppure, mentre il più anziano sorrideva lascivo al suo ragazzo con un lampo di malizia negli occhi, il più giovane deglutì a fatica e si guardò in torno alla ricerca di una via di fuga.

Nell’istante in cui aveva sentito aprirsi la porta, aveva spento la Tv ed era rimasto in silenzio, sperando che gli altri due si sarebbero trasferiti al piano superiore. Non era stato così fortunato.

“Jared?”

Shannon lo stava chiamando e non poteva certo far finta di non sentirlo, dato che si trovava giusto dietro la porta. Sarebbe sgattaiolato fuori e si sarebbe nascosto in cantina – se solo ce ne fosse stata una. E non aveva esattamente una gran voglia di uscire sul retro sotto la pioggia o nascondersi in garage, come un bambino.

“Siamo fortunati, non è in casa.”

Le parole di Colin gli arrivarono come uno schiaffo in piena faccia e si ritrovò di nuovo a deglutire a fatica.

Shannon circondò con le braccia il suo uomo e gli si strinse contro.

“E saremmo fortunati perché…?”

“Perché è un rompiballe?”

Gli occhi nocciola dell’uomo si fecero severi, lo lasciò andare e gli diede uno spintone.

“Risposta sbagliata. Stai parlando di mio fratello, Colin.”

Gli occhi scuri dell’irlandese si fecero anche più rabbiosi.

“Lo so. Perdonami se non ho il cuore infranto dal fatto che non sia in casa, ma non è di certo in cima alla lista dei miei migliori amici. A dir la verità – non è proprio contemplato e di certo non per colpa mia.”

“Ah, cazzo Colin – dammi tregua.” Sentì il rumore di scarpe che venivano gettate in un angolo grazie ad un calcio e che atterravano con un bel tonfo. “Ti ho già detto che ultimamente non si sente bene.”

“Già, per colpa di un tizio che l’ha preso a calci in culo mesi fa. E io cosa c’entro? Non sono stato io – quindi perché mi tratta come se gli avessi ucciso il cane o che so io?”

Il sospiro stanco di Shannon si poté udire anche nel soggiorno, dove Jared se ne stava seduto rigido sul divano con gli occhi che gli bruciavano, ascoltando la conversazione.

“Non lo so, Col. Non lo so, cazzo, e sono stufo di voi due che vi saltate alla gola. Lascialo in pace e basta.”

Seguì uno sbuffo sarcastico.

“Oh, facilissimo. Dato che scappa via ogni volta che arrivo.”

“Colin!”

La voce del fratello conteneva un chiaro avvertimento e l’altro alzò le mani in un gesto di difesa.

“Va bene, va bene. Cambiamo argomento. Ogni volta che parliamo di tuo fratello finiamo per litigare. È una cosa che mi fa girar le palle.”

“Oh, davvero? Allora non sollevare più l’argomento.”

“Io? Sei tu quello che a malapena parla d’altro, ultimamente. Jared qui, Jared là. Per quanto ancora hai intenzione di fargli da babysitter? Finché non morirai? Crescerà mai?”

“Adesso stai esagerando!”

Si stavano arrabbiando davvero e il cuore di Jared batteva furiosamente contro le sue costole. Aveva fatto proprio un bel lavoro durante l’ultimo periodo – Colin lo odiava profondamente, cosa che lui aveva voluto. Eppure ogni parola dura che udiva dalla bocca dell’irlandese era come una pugnalata al cuore.

Un secondo più tardi, la porta del soggiorno venne aperta violentemente e Shannon entrò nella stanza con le parole: “Ho bisogno di un caffè,” sulle labbra.

Si fermò di botto quando si venne a trovare faccia a faccia col fratello, occhi azzurri freddi come ghiaccio che lo guardavano mentre il giovane si alzava lentamente in piedi. Colin aveva seguito il fidanzato e quasi gli finì addosso quando l’altro si fermò senza preavviso.

“E adesso che cazzo suc…”

Alzando gli occhi, incontrò lo sguardo di Jared e gli cadde la mascella.

“Sei a casa?” sputò fuori Shannon. Era una domanda stupida, dato che era ovvio dove si trovasse il fratello in quel momento, ma in quel preciso istante desiderava solo che il pavimento si aprisse e lo inghiottisse – e Colin pure. Lo sguardo negli occhi del fratello non lasciava alcun dubbio sul fatto che avesse seguito la loro brusca conversazione su di lui.

“Ti dispiace?”

Jared non poté impedirsi la battuta sarcastica, incrociando le braccia sul petto.

“Non essere stupido. Sono solo sorpreso, tutto qui.”

“Già, ci scommetto. Volete che vada, così potrete continuare a sparlare di me in privato?”

Gli occhi di Colin si assottigliarono.

“Mi stavo proprio chiedendo quale scusa avresti trovato questa volta per scomparire. Girare le carte e farci diventare la ragione per andartene è nuova, però. Congratulazioni.”

Jared mascherò il dolore che sentiva nel petto con un’espressione neutra e la voce era altrettanto priva d’intonazione quando rispose:

“Penso che per oggi tu abbia già detto la tua, Farrell.”

“Al contrario,” Il volume della voce di Colin stava aumentando di nuovo e gli occhi mandavano lampi.

“È proprio ora che qualcuno ti dica ciò che pensa!”

“Sta attento, se quell’uomo vuoi essere tu. Con quel poco cervello che hai, rischi di mandarlo in fumo pensando troppo.”

Perché aveva detto una cosa simile? Perché lo stava facendo arrabbiare ancora di più, insultandolo? L’ultima cosa che voleva era vomitargli addosso cattiverie. Era un meccanismo di auto difesa che era entrato in azione. L’unica maniera che conosceva per impedirsi di andare in pezzi, era gettare benzina sul fuoco della sua rabbia e scattare. L’attacco era la miglior difesa.

L’altro fece minacciosamente un passo verso di lui.

“Che cazzo di problemi hai, stupido idiota?”

“Colin!”

Shannon lo prese per un polso e cercò di tirarlo indietro, ma Colin si liberò con uno strattone.

“Restane fuori!” Gli sibilò dritto sul viso.

Poi si voltò verso Jared e fece un altro passo avanti.

“Sin dalla prima volta che ho messo piede in questa casa, mi hai trattato peggio di una merda. E sono dannatamente sicuro di non aver fatto nulla per meritarmelo. Non so cosa stia succedendo, ma faresti meglio a darti una regolata. L’unica ragione per cui non ti ho ancora staccato la testa è perché sei il fratello di Shannon e…”

Continuò ad urlare mentre il giovane Leto rimaneva immobile di fronte a lui, cercando di concentrarsi sul continuare a respirare e mantenere un’espressione sicura.

Le parole dell’irlandese gli arrivavano a malapena, ormai. Non aveva bisogno di sentirle per sapere cosa gli stava dicendo. La furia sul suo volto diceva tutto e Jared sentiva un dolore sordo nel cuore.

Voleva che le braccia che si agitavano furiosamente, lo attirassero in un abbraccio. Desiderava fermare quel fiume di parole cattive avvicinandosi e sigillando quelle delicate labbra con le proprie. Voleva che le mani che si erano strette a pugno, scivolassero delicatamente sulla sua pelle, accarezzando ogni centimetro del suo corpo. Voleva… voleva quest’uomo. Più di ogni cosa al mondo. Il ragazzo di suo fratello.

Lo stomaco gli si attorcigliò dolorosamente, l a testa prese a girargli e respirare sembrava un’impresa difficilissima, tutt’ad un tratto.

Un secondo dopo, sfrecciò fuori dal soggiorno, attraversò la cucina e uscì dalla porta sul retro, cominciando a vomitare sul portico.

La pioggia lo bagnò fino al midollo in due secondi e lo fece rabbrividire violentemente, mentre lo stomaco continuava a fare le capriole.

“Merda!”

Nell’esatto istante in cui il fratello era uscito e aveva cominciato a sentirlo vomitare, Shannon gli era corso dietro, spingendo da parte un Colin alquanto inebetito.

Si inginocchiò di fianco al fratello, tenendogli con una mano i capelli lontano dal viso, mentre con l’altra disegnava cerchi sulla sua schiena, cercando di calmarlo.

Colin apparve sulla soglia, visibilmente dispiaciuto dall’ovvio risultato delle sue parole.
“Mi dispiace. Non avevo intenzione di farlo stare male.”

Shannon alzò gli occhi e con la mano fece cenno al fidanzato di stare in silenzio. Un altro conato fece tossire Jared violentemente, ma non c’era più nulla nello stomaco da tirar su e solo il sapore amaro della bile gli riempì la bocca. Sputò disgustato, mentre le lacrime gli scendevano lungo le guance, confondendosi con la pioggia e quindi invisibili. Piangeva di rabbia, di vergogna e di dolore, per quella misera cosa che era la sua vita.

Shannon si passò una mano sul viso per levarsi la pioggia e prese un profondo respiro prima di congedare silenziosamente Colin con un gesto. Con un cenno di assenso, l’altro gli indicò che avrebbe chiamato più tardi. Poi si scambiarono un sorriso affettuoso prima che Colin si voltasse per andarsene.

Quando i conati diminuirono, Shan lo prese da sotto le ascelle e lo tirò in piedi senza alcuno sforzo. Nonostante fosse un paio di centimetri più alto di lui, al momento pesava molto di meno. I brividi erano aumentati e sembravano scuoterlo in tutto il corpo, mentre Shannon lo teneva per le spalle, esaminandolo.

“Va meglio adesso? Possiamo rientrare?”

L’unica risposta fu un debole cenno di assenso. Shan gli avvolse un braccio attorno alla vita e per metà lo trascinò, per metà lo trasportò letteralmente in casa, attraverso la cucina e su, nel bagno.

Erano entrambi fradici, ma mentre Jared sembrava privo di ogni energia, la rabbia alimentava Shannon ancora di più. Strinse i denti così da non mettersi ad urlare contro il fratello e optò invece per levarsi la fredda e madida felpa. Durante il tempo che gli ci volle per afferrare l’indumento, tirarselo via da sopra la testa e sbatterlo al suolo, rimase in silenzio. Pericolosamente in silenzio. Lì in piedi, a petto nudo di fronte al tremante fratello, aprì la bocca per dire qualcosa, infine, ma decise che gli ci voleva ancora qualche minuto per calmarsi, a meno che non volesse continuare da dove aveva smesso Colin. Quindi si tolse anche jeans e calze, rimanendo solo in boxer.

Jared se ne stava immobile, testa bassa e occhi al pavimento. Stava gocciolando ma, completamente incurante del proprio stato, rimaneva fermo sul posto, facendolo arrabbiare ancora di più.

“Pensi di rimanere lì a gocciolare o vuoi prendere un asciugamano prima che cominci la nuova decade?”

“La prossima decade comincia nel 2011, Shan. Sarò asciutto per allora,” ritorse debolmente, facendogli alzare le mani in aria con un urlo rabbioso.

“Ah!” cercò di darsi una calmata. “Vuoi fare lo spiritoso, adesso?”

Prese un asciugamano e glielo tirò in faccia.

“Togliti quei vestiti bagnati prima che ti venga una polmonite e smettila di infradiciare il pavimento dato che, mi sembra ovvio, sarò io l’idiota che dovrà ripulire.”

“Lo farò io.”

“Col cazzo, Jared! Riesci a malapena a star ritto su quei bastoncini che chiami gambe.”

Cominciò ad asciugarsi i capelli, non perdendolo di vista neanche per un secondo.

“Vuoi spogliarti o no, Leto? Che cazzo ti prende? Hai vomitato anche il cervello assieme al contenuto del tuo stomaco – per quanto poco ci fosse? Nello stomaco, volevo dire…”

La battuta involontaria l’aveva fatto sorridere debolmente, sorriso che però non vide rispecchiarsi sul viso del fratello minore. Con gesti lenti, questi cominciò a togliersi i vestiti, lasciandoli cadere a terra. Più strati toglieva, più tremava – e più si spalancavano gli occhi di Shannon.

“Oh – mio – Dio.”

I suoi occhi nocciola si sgranarono per lo shock mentre squadrava il fratello dalla testa ai piedi.

“Adesso basta, Jared! Come prima cosa, lunedì mattina, chiamo il dottor Freeman.”

“Sei malato?”

La domanda era stata posta in maniera talmente innocente che Shannon non riuscì a capire se Jared intendeva davvero quello che aveva detto o se cercava di ignorare volontariamente il succo dell’intera faccenda. Con un movimento veloce, lo prese per un polso e lo trascinò nel corridoio, di fronte allo specchio a figura intera.

“Guardati, dannazione! Che cazzo credi di star facendo?! Posso vedere ogni fottutissimo osso del tuo corpo. Uno di questi giorni mi sveglierò e tu sarai semplicemente svanito. È pericoloso quello che ti sta succedendo. Vuoi morire di fame di fronte ai miei occhi?”

Jared si liberò con uno strattone e lo guardò seccato.

“Non sono cazzi tuoi, Shannon. Non dovresti startene da qualche parte a divertirti col tuo innamorato? Come se te ne importasse qualcosa…”

Un secondo dopo la mano di Shannon lo colpì dritto sul viso.

Con un’espressione scioccata, si massaggiò la guancia rossa e bruciante mentre fissava il fratello maggiore ad occhi sgranati. Mai prima d’ora, per quanto potesse ricordare, l’aveva picchiato. Nemmeno durante uno dei loro furiosi litigi, che erano stati innumerevoli.

“Basta così, Jared.”

La voce del fratello era stanca, ma determinata allo stesso tempo.

“Hai bisogno d’aiuto, non lo capisci? E subito. – E io non posso aiutarti. Non me lo permetti. Non mi dici mai cosa ti tormenta. E non dirmi che è Gavin. Non me la bevo. C’è qualcos’altro, giusto?”

Jared abbassò gli occhi ma non rispose.

“Maledizione, Jay.” Non sapendo cos’altro fare, Shannon allungò le braccia e poi lo strinse in un abbraccio, temendo quasi di stringere troppo. Quel fragile corpo sembrava pronto a spezzarsi, se l’avesse fatto.

“Non posso perdere anche te, fratellino. Proprio non posso.” La sua voce era carica di emozioni, ma mantenne il controllo. Come sempre. Shannon Leto era famoso perché non piangeva mai.

Un altro brivido precorse il corpo del fratello minore e così lo lasciò andare. Posandogli una mano alla base della schiena, lo spinse verso il bagno con determinata dolcezza.

“Adesso ti fai un bagno. Ti riscalderà. E poi ti fai un pisolino di un’oretta o giù di lì finché io sarò in cucina a preparare da mangiare per un’armata intera. E mangerai tutto, oppure di costringerò a farlo finché non ti uscirà dalle orecchie.”

Un’espressione accigliata comparve sul volto di Jared.

“Non oseresti fare una cosa simile alla carne della tua carne.”

“Mettimi alla prova.”

Il giovane fece una smorfia.

“Sono maltrattamenti domestici.”

“E allora? Fammi causa.”

“Forse lo farò.”

Dietro le sue spalle, Shannon fece un sorriso malinconico di fronte al loro amichevole scambio di battute che ultimamente si era fatto così raro.

Una volta entrati in bagno, spinse il fratello a sedere sul coperchio del water e prese un asciugamano da avvolgergli attorno alle spalle. Jared se lo strinse addosso e gli lanciò uno sguardo indefinibile.

“Grazie. Ma il tuo fidanzato ti ha detto di non farmi da babysitter.”

Shannon sostenne il suo sguardo e gli si accucciò di fronte, le braccia posate sulle sue ginocchia.

“Primo – io sono un Leto. E avere un Leto che agisce come qualcuno gli dice di fare, è una cosa che non si è mai sentita al mondo.” Gli fece l’occhiolino e poi proseguì. “Secondo, non ti sto facendo da balia – sto solo cercando di contenere i danni. Se continui così, ti ammalerai e allora sì che saremo davvero nei casini, perché dovrò occuparmi del negozio, di te e della casa e quindi non avrò più tempo per il mio fidanzato. E terzo, Jared, il fidanzato ha un nome. Che diavolo ti ha mai fatto per trattarlo così?”

Per favore, non chiedermelo. Non posso dirtelo. Assolutamente.

Un altro brivido percorse il corpo di Jared – non solo per il fatto che era ghiacciato fino al midollo – e ricordò a Shannon che doveva preparare un bagno per il fratello. Con un sospiro, si alzò in piedi guardando la testa piegata di fronte a lui. Non si era aspettato una risposta.

Quando l’acqua calda cominciò a scorrere nella vasca, si voltò di nuovo verso di lui e disse:

“Vado a farti un po’ di tè.”

Occhi azzurri come il cielo incontrarono quelli nocciola del fratello e il giovane vi poté leggere la preoccupazione come se avesse scritto ‘mamma chioccia’ sulla fronte. Non riusciva proprio a mascherarlo con nonchalance.

“Posso star tranquillo?”

Un debole sorriso gli incurvò gli angoli della bocca.

“Mi lascerai solo per… quanto? … dieci minuti? Non so, Shan. È un bel po’ di tempo.”

“Stronzo.”

Il sorriso si allargò per un momento.

“Ed ecco il primo di oggi, Shanimal.”

“Beh, dato che è già pomeriggio, ho buone probabilità di cavarmela. – torno subito. Non cascarci dentro.”

Jared alzò un sopracciglio.

“Cadere dove?”

“Nel water. Secco come sei, andresti giù dritto per il tubo.”

Il viso del giovane si torse in un sorriso senza gioia, ma rimase in silenzio. Come Shannon fu uscito per rivestirsi e andare in cucina, si lasciò cadere sul pavimento. Alzò le ginocchia e le circondò con le braccia, prima di lasciarci cadere sopra la testa, appoggiandovi la fronte.

Per la prima volta da quando era successo tutto il casino giù in salotto, aveva a disposizione pace e solitudine per permettersi di ripensare all’incidente e istantaneamente, rivide tutta la scena davanti ai suoi occhi. Li strinse forte come se potesse bloccare quelle immagini allarmanti, naturalmente senza alcun risultato. Erano nella sua mente e nel suo cuore e non c’era nulla che potesse fare per evitare quei ricordi.

Vide ancora una volta gli occhi di Colin diventare più scuri a causa della rabbia, rivolgergli uno sguardo furioso. E sentiva la sua voce, di solito così tenera, gridargli contro.

Che cazzo di problemi hai, stupido idiota?

Ancora una volta sentì le lacrime pungere dietro le palpebre chiuse.

Io ti amo, Colin Farrell. Questo è il mio problema.


La prima lacrima cadde e gli scivolò lungo la guancia pallida che ancora mostrava i segni della mano di Shannon, dove l’aveva colpito.

Strinse i denti e cercò di combatterle. Odiava il fatto di piangere così spesso, ultimamente. Odiava la sua debolezza e non poter far nulla al riguardo. Odiava perdere il controllo della sua vita, perché lo gettava in uno stato di confusione e insicurezza che lo spaventava a morte. Doveva avere il controllo, sempre. Era uno dei motivi principali per cui non aveva mai cercato di alleviare il suo dolore con droghe o alcool – non poteva perdere il controllo ancora di più.

Tutto quel che voleva era uscirne fuori. Uscire fuori da questa tristezza. Doveva finire. Perché non poteva smettere? Quella maledetta emozione su cui tutti in tutto il mondo scrivevano canzoni e che tutti cercavano disperatamente.

Potete averla. Prendetela! Prendetemela e tenetevela. Io non la voglio più. Non mi da altro che problemi e sofferenze, ecco cosa comporta. Ti trasforma in una debole, piagnucolosa mezza tacca, se non stai attento.

Perché s’innamorava sempre della persona sbagliata? Quale bizzarro scherzo del destino lo voleva infelicemente innamorato due volte di fila? C’erano bilioni di persone a questo mondo – e anche togliendo chi era troppo vecchio, troppo giovane, femmina oppure non gay, avrebbero dovuto rimanere ancora milioni di persone che sarebbero potuti essere compagni perfetti. E tra tutti gli esseri umani al mondo che avevano l’età, il sesso e l’orientamento giusti, lui aveva scelto uno stronzo egoista e poi l’unico uomo sul pianeta che era totalmente off limits.

Colin.


Una seconda lacrima scese e pensò che probabilmente era destinato a perdere anche questa battaglia.

È un rompiballe… non è esattamente in cima alla mia lista delle amicizie – a dire il vero, non c’è proprio… non sono distrutto dal dolore dal fatto che non sia in casa… stupido idiota…

Un’altra battaglia era persa. Un altro giorno non aveva la forza di tenere sotto controllo le proprie emozioni.

Asciugandosi le lacrime, che ora scorrevano libere, con il dorso della mano, il giovane si tirò a fatica in piedi e poi corse in camera sua, dove si sentiva al sicuro. Ancora avvolto nel largo asciugamano, si rannicchiò sotto le coperte in posizione fetale. Aveva così freddo, la testa gli girava e tutto quel che voleva fare era dormire - e dimenticare. Perché non lasciare che il pozzo senza fine che lo stava inghiottendo l’avesse vinta? Così si sarebbe liberato di tutti i problemi che gli tormentavano la mente.

Con mano tremante aprì il cassetto del comodino e vi frugò dentro per prendere la foto di Colin. L’immagine risultò sfocata quando i suoi occhi pieni di lacrime cercarono di fissarla e vi passò sopra, quasi con tenerezza, la punta dell’indice.

“Sarebbe tutto così facile se ti odiassi davvero,” sussurrò alla foto nella sua mano. “Vorrei poterti odiare – come tu odi me.”

Prese un ultimo respiro tremante prima di chiudere gli occhi e addormentarsi un secondo più tardi.

 
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kinai95
view post Posted on 17/5/2012, 21:44




asdfghjkl NEXT <3
grazie <3<3<3
 
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ralertine
view post Posted on 18/5/2012, 12:57




Spero davvero che arriverà presto il prossimo capitolo, perchè questa fic è davvero bellissima. Un grazie immenso alla traduttrice ssyn3 che ha tradotto e alla beta :wub:
 
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2 replies since 13/4/2012, 23:32   173 views
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